Coinbase vs SEC: lo staking non è una security
In breve
- Nuova petizione di Coinbase alla SEC sullo staking
- Coinbase spiega perché lo staking non è una security
- A supporto della tesi Coinbase cita fatti storici
Petizione di Coinbase sullo staking
Coinbase è tornato sul discorso relativo allo staking, sul quale aveva annunciato battaglia qualche settimana, dicendosi pronto a difendere la questione in tribunale.
Nel corso della giornata di ieri Coinbase ha depositato un documento di 18 pagine dal titolo “Petition for Rulemaking”, dove ha enucleato alcuni punti relativi alla legge sui titoli.
Questo documento è stato scritto in risposta diretta alla Securities and Exchange Commission (SEC) e contro le azioni repressive nei confronti dello staking, considerato come una security.
La SEC nello scorso mese di febbraio aveva multato l’exchange Kraken per i suoi servizi di staking, in quanto non aveva
“registrato l’offerta e la vendita del loro programma di staking-as-a-service di criptovalute”.
Per Coinbase lo staking non crea profitti
La petizione scritta da Coinbase e indirizzata alla segretaria della SEC, Vanessa Countryman, spiega che già nel luglio dello scorso anno aveva indirizzato una petizione all’agenzia in merito proprio alle linee-guida circa la regolamentazione degli asset digitali.
Mentre in questa petizione Coinbase si concentra principalmente sulla questione relativa allo staking, spiegando che tale servizio non comporta un investimento di denaro.
La ragione che sta alla base di questo discorso è il fatto che non si tratta appunto di un investimento, in quanto gli utenti non rinunciano ai loro soldi o ai loro beni.
Gli utenti continuano in ogni caso a mantenere la propria autorità sui loro beni e hanno la facoltà di venderli o di disimpegnarli.
E questo senza alcun bisogno di passare attraverso l’ente che fornisce il servizio di staking.
Ovvero in altre parole possiamo dire che Coinbase non detiene nessuna autorità sui fondi e sui beni dei suoi utenti.
Un altro punto su cui si è incentrato Coinbase nella sua petizione rivolta alla SEC è la questione della remunerazione offerta dallo staking.
Su questo punto in particolare l’exchange di Brian Armstrong ha spiegato che viene meno la questione del profitto, infatti quanto guadagnato da un utente è esclusivamente una ricompensa per il servizio che l’utente ha fornito.
Davanti a questo concetto è logico che viene a cadere del tutto l’aspetto del profitto, in quanto non c’è alcun investimento, ma solo una ricompensa per dei servizi resi.
Fatti storici a supporto della regolamentazione
A questo punto della lettera Coinbase al fine di dare maggiori direttive alla SEC, cita alcuni fatti storici.
In particolare nella lettera viene posta l’attenzione sul Committee on Special Investment Advisory Services del 1973, sulla Regulation Fair Disclosure della SEC del 2000, sul Report of Investigation Pursuant to Section 21(a) of the Securities Exchange Act del 1934: il DAO, dal 2017.
La citazione di questi fatti sono considerati importanti per Coinbase in quanto darebbero una maggior comprensione dello staking e lavorerebbero a una migliore regolamentazione del settore delle criptovalute.
È comunque importante sottolineare come, qualora la SEC decidesse di vietare i servizi di staking per gli exchange, questa decisione andrebbe a colpire solamente il servizio presente negli Stati Uniti e non in altre zone.
È il caso, per esempio, di Kraken, che nonostante abbia ritirato il suo servizio di staking dagli USA, in altre zone del mondo il suo servizio è ancora attivo.